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Voci, vocalità, Sanremo. Riflessione semiseria ma non troppo.
..Tanti in questi giorni mi stanno chiedendo: “Ma che fine ha fatto la voce di Morgan? E quella di Patty Pravo? E Neffa, un tempo, non era intonato? E il nuovo cantante dei Dear Jack non dovrebbe cantare un po’ meglio, visto che è di colore?”
Diciamocelo, Sanremo offre un sacco di spunti. C’è chi critica a spada tratta, chi osserva, chi si fa domande. A noi regala una buona opportunità per fare delle riflessioni. Partiamo da qui: una cosa è essere famosi. Una cosa è essere buoni cantanti. Non sempre le due cose vanno di pari passo e non sempre c’è la necessità di farle combaciare. In altre parole, ci sono casi di cantanti famosissimi che hanno corde rovinate, cantano al contrario o meglio, urlano nel microfono ma sono tuttavia dotati di un carisma e di un lato artistico talmente manifestamente sviluppati da non farci sentire la mancanza della tecnica. Un esempio: Kurt Cobain. Lo ritengo, da vocal coach e insegnante di tecnica quale sono, una delle voci più influenti del nostro tempo. Aveva ciò che altri non hanno. E andava bene così. Lui ha sempre cantato nello stesso modo dall’inizio alla fine della sua breve (purtroppo) ma strepitosa carriera. Poi arriva Morgan a Sanremo. Un filo di voce, stanca, che il cantante gestisce a fatica cantando a risparmio. Poco potenziale per esprimere tutto quello che l’artista in questione ha dentro. Per lui la regola del “non ho voce ma compenso con l’arte perché soffro e nella mia voce esprimo sofferenza” non regge mica tanto. Morgan cantava molto meglio di così. Ascoltatevi la trilogia chimica, Acidi e basi, Metallo non metallo e Zero. Ascoltatevi il live Unplugged che i Bluvertigo registrarono per MTV. Una voce sicuramente non tecnica ma presente, ricca di armonici e quindi più espressiva. Perché il punto è questo: possiamo permetterci di rovinarci le corde quanto vogliamo (fate voi!!!) se questo non intacca la nostra capacità comunicativa, la nostra facoltà di esprimerci sul palco e in studio. Altrimenti, è solo un gran peccato. Uno spreco di sentimenti, un risparmio di armonici, una scorciatoia della timbrica. Prima, secondo me, sarebbe bene imparare a non deteriorare lo strumento, a emettere suoni corretti. Poi, facciamo gli artisti quanto ci pare. La scienza vocale dimostra come possiamo emettere in modo corretto qualunque suono, anche il falsocordale, il cosiddetto graffiato, lo scream..senza farsi del male. Quindi EMETTERE UN SUONO CORRETTO NON VUOL DIRE PRIVARLO DI PERSONALITA’. Chi si nasconde dietro questa affermazione, se la racconta, diciamocelo. Emettere un suono corretto vuol dire solo allungarsi la carriera.
Altra nota dolente: l’intonazione. Idem come sopra. Cè’ chi può permettersi delle imperfezioni, che in certi casi sono pure belle. Ma devi essere Bob Dylan, come minimo. Devi essere Jagger, Patti Smith, Bowie, Cobain, Janis Joplin. Gente di quel livello e che faceva un certo tipo di musica. Altrimenti sei solo un cantante poco intonato. E sull’intonazione si lavora, sapevatelo. Se sei un giovanissimo cantante di una pop band italiana e stoni a Sanremo, sei solo un giovanissimo cantante di una pop band italiana che stona. Ok, sei nero. Buon per te. Ma non sempre black = Stevie Wonder. Stessa storia per Neffa, che ieri sera cantando ‘O Sarracino non ha preso una nota. Bello l’arrangiamento, belli i Bluebeaters ma loro suonavano un pezzo e lui ne cantava un altro.
Lungi da me fare polemiche gratuite eh. Però tutte queste mi sembrano solo occasioni perse. Insomma, fai il cantante no? Mica il panettiere. E’ troppo chiedere che uno si prenda cura della propria voce e della propria intonazione? E’ troppo parlare di serio professionismo? Lady Gaga è una che sta quindici spanne sopra tutti gli altri. Ed è sopra le righe, è un’artista, è matta da legare, è tutto quello che volete ma è brava. Dannatamente brava. E studia! Con un vocal coach. Fa i vocalizzi, fa esercizi quotidiani. Ha rispetto per se stessa e per il suo pubblico. Non ho altro da aggiungere, 90 minuti di applausi.
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